Sentenza importante, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania in tema di spese di lite compensate in primo grado.
La Commissione Tributaria Provinciale di Salerno, con la sentenza n. 3727/2019, sezione 2, aveva accolto il ricorso, annullando l'intimazione di pagamento, ma compensando le spese di lite, disattendendo il principio di soccombenza ai sensi degli artt. 91 e 92 c.p.c.
Veniva promosso appello con espressa richiesta di condanna per i due gradi di giudizio, fondato sul principio di causalità, poichè la Commissione Tributaria Provinciale di Salerno, diversamente, avrebbe dovuto condannare controparte Agenzia delle Entrate-Riscossione alla refusione delle spese di lite (onorari, contributo unificato, spese generali, accessori, ecc....), poiché il giudizio trae origine da un atto esattoriale, quale l’intimazione di pagamento posto in essere dall'esattore, platealmente nullo, ed è evidente che l'ente che l'ha emesso è tenuto a rifondere le spese di lite al ricorrente, distratte in favore dei due difensori.
Secondo la c.d. teoria della causalità, fondamento della condanna alle spese risiede nell'antigiuridicità del comportamento preprocessuale della parte, di cui la soccombenza, oggettivamente intesa, degrada a - più importante – indice rilevatore.
Sul punto esiste un ormai uniforme orientamento del Supremo Consesso: “L'agente deve rispondere, nei confronti dell'opponente vittorioso, delle spese processuali: ciò in base al principio di causalità, che informa quello di soccombenza, dal momento che la lite trae origine dalla notificazione della cartella di pagamento, atto posto in essere proprio dall'esattore, anche se in esecuzione del rapporto che ha ad oggetto il servizio di riscossione.
Lo stesso esattore, inoltre, proprio perché ha una generale legittimazione passiva nelle controversie aventi ad oggetto la riscossione delle somme di cui è incaricato, non può non rispondere dell'esito della lite, anche per ciò che concerne la materia delle spese processuali”. (Cass. civ. Sez. VI - 3 Ord., 08.10.2018, n. 24774).
Inoltre, quanto disposto dalla Commissione Tributaria Provinciale di Salerno, è palesemente erroneo ed ingiusto nonché in evidente contrasto con l’art. 15 D.lgs 546/92, con l’art. 24 Cost. e con l’ormai GRANITICO orientamento della Suprema Corte di Cassazione con le sentenze nn. 12897/2019; 13498/2018; 16786/2018; 16174/2018; 13498/2018; 12195/2018; 20869/2017; 21871/2014.
L’art. 15 comma 2 D.Lgs. 546/92, nel testo in vigore dal 1 gennaio 2016, infatti, prevede che “le spese di giudizio possono essere compensate in tutto o in parte dalla commissione tributaria soltanto in caso di soccombenza reciproca o qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate”.
Secondo un ormai conforme orientamento giurisprudenziale, peraltro, la compensazione delle spese di lite riveste carattere di eccezionalità: in tema di spese processuali, un regolamento che, ai sensi dell'art. 92 cod. proc. civ., sia tale da lasciare a carico della parte, risultata in tutto o in parte vincitrice, gli oneri difensivi in misura tale da elidere, o addirittura superare, il valore del bene conseguito, si risolve nella sostanziale vanificazione del fondamentale diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti lesi, a ciascuno spettante ex art. 24 Cost., indipendentemente dal valore, più o meno rilevante, dei beni che ne formano oggetto, il cui apprezzamento di opportunità economica compete esclusivamente al soggetto titolare degli stessi.
In virtù di tali argomentazioni la Commissione Tributaria Regionale della Campania con la sentenza n. 2489/2021 ha accolto il ricorso e condannato l’Agente della Riscossione alle spese per entrambi i gradi di giudizio.
Una sentenza importante per la tutela dei diritti del contribuente.
In allegato il testo completo della sentenza.
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