L’indennità di accompagnamento (leggi 18/80 e 508/88) è quella provvidenza economica, a carattere socio assistenziale, erogata dalla Stato a favore degli invalidi civili che, oltre ad essere portatori di un’invalidità totale (100%), siano anche nell’impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente da parte di terze persone o, necessitano di assistenza continua poiché non in grado di svolgere autonomamente i cosiddetti quotidiani atti della vita.
Tale indennità non presenta:
- Limiti di reddito ovvero non tiene conto del reddito;
- Limiti di età (spetta sia al minore e sia all’ultrasessantacinquenne).
Questa indennità è compatibile con lo svolgimento dell’attività lavorativa ed è cumulabile (se derivante da patologie differenti) con l’indennità d’accompagnamento di cieco civile.
Premesso quanta sopra analizziamo ora i requisiti sanitari specifici che sottendono al diritto all'indennità di accompagnamento.
- l'erogazione di detta indennità viene meno solo in caso di ricovero presso un "istituto" dove, oltre alle cure mediche, al paziente totalmente invalido e non autosufficiente venga garantita un'assistenza completa.
INCAPACITA' DI DEAMBULAZIONE
La deambulazione, ovvero 1' atto del camminare, è una funzione complessa derivante dal coinvolgimento di un insieme di apparati e sistemi anatomo-funzionali diversi (sistema osteo-articolare, neuromuscolare, tendineo, neuropsichico, sensoriale uditivo, visivo, tattile) che, proprio in funzione della loro integrità e capacità di coordinarsi e sincronizzarsi tra loro, ne permettono il suo determinarsi.
Secondo l'orientamento prevalente espresso in materia dalla Corte di Cassazione, il diritto all'indennità di accompagnamento sussiste ogniqualvolta la condizione fisica dell'invalido comporti, un difetto di autosufficienza determinato dalla deambulazione particolarmente difficoltosa e limitata nella spazio e nel tempo, tale da essere fonte di grave pericolo, incombente in ragione della concreta possibilità di caduta della stesso, tale da giustificare il permanente aiuto di un accompagnatore (C. Cass. sent. n. 3228/1999). Deve intendersi sussistente tale diritto, secondo la stessa Corte di Cassazione, anche quando il soggetto invalido, pur in grado di compiere gli atti quotidiani della vita come lavarsi, nutrirsi e muoversi autonomamente, seppure a fatica, nella propria abitazione, sia stato accertato che si trovi nell'impossibilità ad uscire e camminare autonomamente per Strada (C.Cass. sent. n. 8060/2004). Non sempre, però, come costantemente affermato dalla dottrina medico-legale, l'impossibilità di deambulare deriva da patologie che colpiscono gli organi o gli apparati deputati a tale atto. Possono esserci soggetti che potenzialmente potrebbero essere in grado di deambulare, ma non lo sono perché colpiti da patologie gravi e complesse altamente invalidanti che ne minano pesantemente 1'autonomia di spostamento, come ad esempio quelle interessanti il sistema cardiovascolare (es. miocardiopatie con insufficienza grave -III NYHA), il sistema respiratorio (es. broncopneumopatia cronica ostruttiva) o il sistema endocrino (es. insufficienza surrenale grave).
INCAPACITA' DI COMPIERE GLI ATTI QUOTIDIANI DELLA VITANECESSITA' DI ASSISTENZA CONTINUA
L'incapacità o impossibilità di compiere gli atti quotidiani della vita va considerata, ai fini del diritto all'indennità di accompagnamento, come condizione alternativa a quella della non deambulazione. Per atti quotidiani della vita, come precisato dal Ministero della Sanita (Circolare prot. 500.6/1981) sono da intendersi quelle azioni elementari che espleta quotidianamente un soggetto normale e che rendono l'inabile, incapace di compierle, bisognevole di assistenza continua. Si ritiene "non autosufficiente", quel soggetto che non riesce concretamente ad assicurarsi autonomamente e sufficientemente quel minimo di funzioni vegetative (ossia necessarie a vivere) e di relazione indispensabile per garantire gli atti quotidiani, non lavorativi, della vita (a garanzia di un modello esistenziale superiore alia mera sopravvivenza).
II complesso di tali funzioni quotidiane della vita, rileva il Ministero del Tesoro (Circolare del Ministero del Tesoro 28 settembre 1992, n. 14), si estrinseca: "in un insieme di attività diversificabili ma individualizzabili in alcuni atti interdipendenti o complementari nel quadro esistenziale di ogni giorno: vestizione, nutrizione, igiene personale, espletamento dei bisogni fisiologici, effettuazione degli acquisti e compere, preparazione dei cibi, spostamento nell' ambiente domestico o per il raggiungimento del luogo di lavoro, capacita di accudire alle faccende domestiche, conoscenza del valore del denaro, orientamento temporo-spaziale, possibilità di attuare condizioni di autosoccorso e di chiedere soccorso, lettura, messa in funzione della radio e televisione, guida dell'automobile per necessita legate a funzioni vitali, ecc…".
Per determinare la permanenza del bisogno ad un' assistenza continua, è significativo che l'incapacità nel compiere l'atto abbia una cadenza quotidiana. Da ciò ne consegue che l'incapacità a compiere una pluralità di atti, privi di cadenza quotidiana, non determina la non autosufficienza del soggetto, mentre la presenza anche di un solo atto, che abbia cadenza quotidiana, assurge come elemento per il riconoscimento di tale non autosufficienza (Corte di Cassazione sent. n.8060/2005).
Ed ancora, sempre secondo la suprema Corte di Cassazione (sent. n.5784/2003), nel concetto di "incapacità permanente di compiere autonomamente le comuni attività del vivere quotidiano" debbono essere ricompresse anche le ipotesi in cui, la necessita dell' aiuto di terzi da parte dell' invalido "si manifesti nel corso della giornata'' ossia ogni volta che sia necessario al soggetto compiere una determinata attività del vivere quotidiano per la quale non possa fare a meno dell' aiuto di terzi.
Risulta necessario sottolineare che i1 requisito dell'assistenza "continua'' da prestare all'invalido non deve essere inteso esclusivamente in senso "quantitativo", ossia legato tendenzialmente al carattere permanente e continuativo dell'aiuto prestato nell'arco dell'intera giornata, bensì in senso "qualitativo", riconoscendo all'invalido il diritto all'accompagno, ogniqualvolta, l'inabilita sofferta dallo stesso, anche se limitata solo a particolari atti quotidiani della vita, comporta un difetto permanente di autosufficienza (Corte di Cassazione sent. n. 5784/93).
Per ciò che concerne i malati psichici, essi possono beneficarne dell’indennità di accompagnamento, in quanto, proprio in ragione della propria infermità, possono risultare incapaci di provvedere alia propria persona e ai bisogni della vita quotidiana o impossibilitati a deambulare senza 1'aiuto altrui, oppure, bisognevoli di aiuto al fine di prevenire o contenere possibili o episodiche manifestazioni violente o comunque pericolose di quel tipo di malattia psichica (per sé e per gli altri) ( Corte di Cassazione sent. n. 4664/1993 --sent. n. 4389/2001 -sent. n. 328/2001).LA DURANTA DEL BENEFICIO ED EVENTUALI SOSPENSIONI
Infatti, rileva la Corte di Cassazione, l'unico presupposto di fatto previsto dalla legge per avere diritto a tale indennità è la sussistenza dell’incapacità di deambulare autonomamente e/o la condizione di non poter attendere autonomamente agli atti quotidiani della vita senza l'aiuto di un accompagnatore, cosa che si concretizza verosimilmente in un soggetto sottoposto a chemioterapia oncologica o ad altre terapie ugualmente debilitanti.
L'indennità di accompagnamento non è corrisposta a quegli invalidi che risultino ricoverati gratuitamente in Istituto con retta a totale carico di un ente pubblico o del SSN.
Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione, di cui espressione ultima e la sentenza n. 2270/2007, l'erogazione di detta indennità viene meno solo in caso di ricovero presso un "istituto" dove, oltre alle cure mediche, al paziente totalmente invalido e non autosufficiente venga garantita un'assistenza completa, anche di carattere personale, continuativa ed efficiente in ordine a tutti gli "atti quotidiani della vita" cui l'indennità in parola e destinata a fare fronte, tale da rendere superflua la presenza dei familiari o di terze persone. Da quanto sopra ne conviene che l'indennità di accompagnamento può spettare all'invalido civile grave anche durante il ricovero in ospedale, ove si dimostri che le prestazioni assicurate dall'ospedale medesimo non esauriscono tutte le forme di assistenza di cui il paziente necessita per la vita quotidiana.
Dott. Aniello Maiese
Specialista in formazione
in Medicina Legale e delle Assicurazioni